Storia e significato dell’alchimia: dalle origini egizie alla psicologia di Jung

Come il serpente che si rigenera, o la mitica fenice che rinasce dalle sue ceneri, anche l’alchimia ha saputo rinnovarsi arrivando fino ai nostri giorni. La sua magia? “Solve et Coagula”: dissolvere ciò che è per creare ciò che può essere.

L’Albero Filosofico alchemico dipinto da Jung: le radici affondano nel fuoco della trasformazione, i rami si elevano verso lo spirito.

Carl Gustav Jung, “Liber Novus” (Il libro rosso), c. 1915-1930 ©The Foundation of the Works of C.G. Jung/Philemon Foundation.

 

Le origini dell’alchimia

Cos’è l’alchimia e cos’ha rappresentato nella storia del pensiero?

L’alchimia è una delle grandi avventure intellettuali dell’umanità. Un sapere che ha attraversato i secoli e le culture, da Oriente a Occidente, fondendo saggezza egizia, filosofia greca, scienza araba e misticismo, sviluppando metodi e scoperte che avrebbero contribuito alla nascita della chimica e della scienza sperimentale.

La parola “alchimia” deriva dall'arabo al-kimiya, la cui etimologia rimanda all’egiziano khemia (l’arte egizia, dalla “terra nera” delle piene del Nilo) o al greco chymos (fluido, essenza). L’alchimia occidentale nasce nell’Egitto ellenistico, in particolare ad Alessandria, tra il I e il III secolo d.C.

Gli alchimisti si consideravano innanzitutto filosofi. La loro arte si fondava su principi aristotelici: la trasmutabilità degli elementi, il concetto di materia prima, l’idea che la natura tende alla perfezione.

Ma essi facevano derivare la loro sapienza ancor più da lontano, da Ermete Trismegisto, fusione del dio greco Hermes e dell’egizio Thoth, considerato l’inventore di tutte le arti e le scienze, concepite come vie per ricongiungersi al divino.

L’attribuzione a Ermete Trismegisto — “tre volte grandissimo”: il più grande re, il più grande filosofo, il più grande mago — rifletteva le molteplici dimensioni dell’alchimia: comprensione dei segreti naturali, perfezionamento spirituale, trasmutazione della materia.

Per questo, l’alchimia era chiamata “Arte Sacra” o “Arte Regia”, o anche semplicemente “l’Arte”, cioè l’arte per eccellenza, la più nobile delle discipline, degna solo di chi aspirasse alla sovranità non solo sulla natura, ma su se stesso. Ma come si realizzava questa trasformazione?

L’opus alchemico

Cosa volevano ottenere gli alchimisti?

In concreto, gli alchimisti cercavano di trasmutare i metalli vili in oro e di guarire le malattie. Ma il loro progetto, l’opus magnum o Grande Opera, aveva una finalità più profonda: comprendere i principi universali della trasformazione e realizzare il perfezionamento della materia e dello spirito.

Infatti, secondo il principio ermetico “come in alto, così in basso”, l’essere umano riflette in sé l’universo. La trasformazione esteriore della materia richiedeva la trasformazione interiore dell’alchimista.

Il metodo alchemico era racchiuso nella frase “Solve et Coagula”, separa e riunisci: dissolvere la materia, riportandola allo stato elementare primordiale; quindi purificarla e ricomporla in forma più elevata.

Il processo seguiva fasi caratterizzate da colori: Nigredo o nero, la dissoluzione; Albedo o bianco, la purificazione; Citrinitas o giallo, l’aurora; Rubedo o rosso, il perfezionamento. Talvolta, la fase della Cauda Pavonis, dai colori iridescenti come la coda del pavone, era segno che l’opera procedeva verso il compimento. La misteriosa Pietra Filosofale, agente fisico e spirituale insieme, accelerava la trasmutazione.

Durante il Rinascimento, nel 1463, Marsilio Ficino tradusse a Firenze il Corpus Hermeticum, ritenuto opera di Ermete Trismegisto. Le scienze ermetiche ebbero così una nuova fioritura. Nei secoli seguenti, molti padri della scienza moderna furono anche alchimisti, come Isaac Newton (1642-1727), che dedicò metà della sua vita agli studi alchemici.

Con la rivoluzione scientifica del Seicento e il trionfo della chimica moderna nel Settecento, l’alchimia venne progressivamente marginalizzata, infine relegata a superstizione o curiosità storica.

La rinascita

Qual è dunque l’eredità dell’alchimia oggi?

Il tramonto dell’alchimia occidentale si compì nell’Ottocento positivista. La sua dimensione materiale si trasformò nella chimica moderna, mentre quella spirituale migrò verso la psicologia del profondo, il simbolismo artistico e le tradizioni esoteriche.

In un certo senso, l’alchimia subì la dissoluzione che teorizzava (“solve”), ma senza pervenire alla ricongiunzione finale dei saperi (“coagula”).

Ma, come il serpente che si rigenera o la mitica fenice che rinasce dalle sue ceneri, anche l’alchimia ha saputo trasformarsi per arrivare ai nostri giorni.

Nel Novecento, lo svizzero Carl Gustav Jung, allievo di Freud e fondatore della psicologia analitica, reinterpretò l’alchimia in senso psicologico. Gli alchimisti, secondo Jung, vedevano riflessi nella materia i loro processi interiori, ma senza esserne consapevoli: la trasmutazione dei metalli era metafora della trasformazione psichica, e la Pietra Filosofale simboleggiava l’integrazione della personalità.

Questa lettura innovativa, pur cogliendo la dimensione interiore dell’alchimia, è però anacronistica, perché traduce la visione metafisica antica in una teoria psicologica moderna. Per gli alchimisti, l’opera non era una metafora: materia e spirito formavano un’unica realtà inscindibile.

Tuttavia, Jung ha il merito di aver salvato l’alchimia dall’oblio, rendendola comprensibile e rilevante per la nostra epoca afflitta dal “disincanto del mondo”. Dall’ecologia alla psicologia, dalla fisica all’arte, i principi olistici dell’alchimia aiutano a pensare la complessità dell’uomo e della natura, e a non cadere nel riduzionismo meccanicistico.

In conclusione, l’eredità dell’alchimia non è una dottrina da credere, ma un metodo da praticare: trasformare il reale attraverso l’immaginazione simbolica. La sua vera magia è sempre stata questa: dissolvere ciò che è per creare ciò che può essere.

L’alchimia ci insegna che ogni dissoluzione prepara una nuova creazione, e che anche noi siamo parte di questa trasformazione in divenire.

Quale trasformazione stai attraversando in questo momento della tua vita?

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