Chimica per cambiare

Le nuove frontiere della psichedelia

Tra antichi saperi e nuove scoperte, lo studio scientifico delle sostanze psichedeliche sta superando decenni di pregiudizi e divieti. La promessa? Trasformare la cura dei disturbi mentali e rivelare la natura della coscienza.

Quattro figure iconiche del movimento psichedelico degli anni Sessanta: da sinistra, Timothy Leary, Allen Ginsberg, Alan Watts, Gary Snyder.

Da “The City of San Francisco Oracle”, Vol. 1, No. 7, pag. 2; April 1967. Foto di Paul Kagan.

 

La mente si rivela

Il 19 aprile 1943, un chimico svizzero rientra a casa in bicicletta dopo il lavoro. Non è un giorno qualunque: Albert Hofmann ha appena scoperto la sostanza psicoattiva più potente mai sintetizzata dall'uomo — ma ancora non lo sa.

Per testarne gli effetti, Hofmann ne aveva assunto intenzionalmente 250 microgrammi, convinto fossero una dose minima. Mentre pedala verso casa — racconta in LSD - Il mio bambino difficile (1979) —  il mondo intorno a lui inizia a trasformarsi:

“Immagini fantastiche, caleidoscopiche, si agitavano dentro di me. Si alternavano, variopinte, si aprivano e si richiudevano in cerchi e spirali, esplodendo in zampilli colorati. Poi si riorganizzavano, si incrociavano, in continuo mutamento”.

Fu il primo “viaggio acido” della storia — e l’inizio di una rivoluzione culturale i cui effetti arrivano fino ai nostri giorni.

Ma, anzitutto, cos'è davvero la psichedelia?

“Psichedelico”, dal greco antico, significa letteralmente “che rivela la mente”. Il termine, recentemente tornato d'attualità nel dibattito medico e psicologico mondiale, indica il particolare effetto “espansivo” che certe sostanze, naturali o di sintesi, producono sulla percezione e sulla coscienza.

L’aggettivo fu proposto nel 1956 dallo psichiatra Humphry Osmond in una lettera al filosofo Aldous Huxley, autore del celebre saggio Le porte della percezione (1954), dedicato agli stati alterati di coscienza.

Sostanze come hashish, oppio, cocaina, laudano e assenzio erano già utilizzate da artisti come Baudelaire, Poe, Van Gogh e Toulouse-Lautrec. Ma queste sostanze, oggi illegali per la loro pericolosità, non hanno effetti propriamente psichedelici, cioè di espansione della coscienza.

La psichedelia moderna era nata quel giorno del 1943 ai laboratori Sandoz di Basilea. L’LSD che Hofmann aveva sintetizzato era un derivato dell'acido lisergico, alcaloide naturale presente nell’ergot (Claviceps purpurea), fungo parassita della segale.

Ben presto, le insolite proprietà di quella sostanza attirarono l’attenzione anche di altri soggetti: i militari e i servizi segreti.

Dalla CIA alla controcultura

A partire dagli anni Cinquanta, la CIA e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti svolsero esperimenti segreti sulla manipolazione e il controllo mentale mediante l’LSD. Esperimenti documentati e confermati storicamente (Commissioni Church e Rockefeller del 1975), spesso estremi e illegali, svolti anche su soggetti civili ignari. Tra questi, il famigerato programma top-secret MK-ULTRA.

Ma l’LSD era ormai uscito allo scoperto conquistando, per motivi di tutt’altro genere, i giovani americani.

Negli anni Sessanta, l’LSD alimentò infatti la controcultura giovanile — la Beat Generation. Nato in California, specialmente a San Francisco, il movimento psichedelico divenne fenomeno sociale globale — dagli Stati Uniti all’Europa. La sua influenza fu profonda e trasversale: dagli hippie alla musica rock, dall’arte visiva alla moda, dalla spiritualità orientale all’ecologia, fino ai primi sviluppi della tecnologia digitale nella Silicon Valley.

“Profeti” di questa rivoluzione furono alcune figure carismatiche, come lo psicologo Timothy Leary; lo scrittore Ken Kesey, autore del romanzo “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (interpretato al cinema da Jack Nicholson, premio Oscar come miglior attore); il filosofo e orientalista inglese Alan Watts; il poeta Allen Ginsberg; l’ambientalista Gary Snyder; l’etnobotanico e filosofo Terence McKenna.

Nemico pubblico

La reazione non si fece attendere. L’establishment conservatore, vedendo i propri valori messi in discussione, scatenò una vera e propria guerra agli psichedelici. La storia di Timothy Leary è emblematica della repressione di quegli anni.

Brillante psicologo e ricercatore ad Harvard, Leary invitava i giovani americani a utilizzare gli psichedelici per espandere la coscienza. Per questo e per le sue idee radicali, Leary venne trasformato in nemico pubblico, tanto che Richard Nixon lo definì “l’uomo più pericoloso d’America”. Il suo profilo accademico, il carisma e il fatto che fosse amato dai giovani e dagli intellettuali progressisti lo rendevano un simbolo da abbattere.

Leary faceva parte di un gruppo di psicologi pionieri degli studi sulla coscienza che ebbero miglior fortuna. Richard Alpert, suo stretto collega, divenne la guida spirituale Ram Dass. Daniel Goleman divenne celebre per gli studi sulla “intelligenza emotiva”.

Leary, invece, fu perseguitato come un sovversivo. Arrestato nel 1965 per possesso di marijuana, fu condannato a una pena sproporzionata: trent’anni di carcere. Evaso nel 1970 e nuovamente arrestato nel 1973, fu infine liberato nel 1976.

Al colmo del paradosso, per valutare la sua pericolosità all’ingresso in carcere gli fu somministrato un questionario che lui stesso aveva formulato ad Harvard. Leary conosceva ovviamente le risposte “giuste”. Assegnato alla biblioteca con minori controlli, poté evadere con relativa facilità.

Ma cosa “predicava” Leary? In sostanza, che grazie agli psichedelici si poteva “riprogrammare” la coscienza per essere più consapevoli e liberi dai condizionamenti che limitano il nostro potenziale.

A questo scopo, dal 1961 al 1963, Leary aveva svolto esperimenti con l’LSD per ridurre il comportamento criminale dei detenuti del Concord State Prison, nel Massachusetts. I risultati furono controversi, ma anticiparono la ricerca odierna.

Tuttavia, il suo entusiasmo per gli psichedelici fu spesso frainteso o distorto dai suoi detrattori come invito a “sballarsi” e diventare “drop out” — emarginati privi di iniziativa. Commenta Leary nella sua autobiografia Flashbacks (1990): “Abbandonare (drop out) suggeriva un processo attivo, selettivo e aggraziato di distacco da impegni involontari o inconsci. Abbandonare significava autosufficienza, scoperta della propria unicità, impegno verso la mobilità, la scelta e il cambiamento”.

Dopo decenni di ostracismo, la scienza sta dando ragione a Leary, rivalutando i benefici degli psichedelici nel trattamento clinico di vari disturbi mentali.

Da sempre curioso di tutto ciò che riguarda la coscienza e il potenziale umano, Leary esplorò anche misticismo orientale ed esoterismo (collaborando con Robert Anton Wilson) e, negli ultimi anni, informatica, Internet, estensione della vita e persino colonizzazione spaziale.

Il suo monito — “pensa con la tua testa e diffida dell’autorità” — risuona ancora oggi, sottolineando la necessità di sviluppare una coscienza critica, essenziale per difenderci dall’autoritarismo, dalle fake news, dalla propaganda e dal controllo tecnologico.

Rinascita psichedelica

Dunque, perché oggi si parla di “rinascita psichedelica”?

La revisione critica degli studi pioneristici degli anni ’60, la crisi dei trattamenti psichiatrici convenzionali e i nuovi protocolli di ricerca hanno riaperto una porta che sembrava chiusa.

Anzitutto in ambito clinico: ansia, depressione, PTSD e dipendenze sono trattate sperimentalmente con psilocibina, MDMA, ayahuasca.

Queste sostanze psicoattive, infatti, non sono droghe ricreative o “da sballo”, ma veri e propri strumenti terapeutici o rituali. Il loro uso a copo curativo o spirituale è testimoniato dai Misteri eleusini dell’antica Grecia e dalle cerimonie sciamaniche, con le “piante sacre” come peyote e ayahuasca, nelle Americhe precolombiane.

La scienza moderna, dunque, riscopre antichi saperi: potrebbe essere l’alba di una nuova era della psichiatria e della psicoterapia — come aveva intuito Leary.

C’è poi la dimensione filosofica: cosa rivelano queste esperienze sulla natura della coscienza, sul rapporto tra mente e cervello, sugli stati alterati — come l’esperienza estasica e mistica?

È un territorio vasto e affascinante, la cui esplorazione è appena agli inizi, tra vecchi pregiudizi e nuovi entusiasmi.

Orientarsi può non essere facile. A chi volesse saperne di più, oltre al saggio di Huxley citato all’inizio, suggerisco l’equilibrato documentario di Martin Witz La sostanza — Storia dell’LSD (2011). Oltre a ripercorrere la storia della psichedelia, il film aiuta a comprendere come scienza, politica e cultura si intreccino nel definire ciò che è permesso o proibito.

Infine, suggerisco il libro Come cambiare la tua mente di Michael Pollan (2018), docente di giornalismo a Berkeley. Non solo storia e personaggi del movimento psichedelico, ma una testimonianza diretta, un diario di viaggio.

Scrive Pollan: “attribuire il contenuto dell’esperienza psichedelica alle ‘droghe’ non spiega praticamente nulla di esso. Le immagini, le narrazioni e le rivelazioni non provengono dal nulla, e di certo non da una sostanza chimica: vengono invece dalla nostra mente... Se sogni, fantasie e libere associazioni meritano d’essere interpretati, allora di sicuro lo merita anche il materiale, più vivido e dettagliato, offertoci dal viaggio psichedelico. Materiale che apre una nuova porta sulla nostra mente.”

Ma la “rinascita psichedelica” va oltre la chimica. L’interesse per l’ espansione della coscienza ha favorito l’esplorazione anche di altri metodi: discipline interiori come la meditazione, che aprono le “porte della mente”, producono trasformazioni profonde, più graduali e meno spettacolari dei “viaggi” psichedelici, ma durature. In definitiva, ciò che conta è la consapevolezza accresciuta che riportiamo nel quotidiano.

Il libro di Pollan si apre con un verso di Emily Dickinson, delicato ma potente, che per me riassume il senso di queste esplorazioni — con o senza l’aiuto di sostanze:

“Dovrebbe sempre star socchiusa l’anima”.

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